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autore
brano
 
Cicerone
I doveri, II, 29
 
originale
 
[29] Nec vero umquam bellorum civilium semen et causa deerit, dum homines perditi hastam illam cruentam et meminerint et sperabunt, quam P. Sulla cum vibrasset dictatore propinquo suo, idem sexto tricensimo anno post a sceleratiore hasta non recessit, alter autem, qui in illa dictatura scriba fuerat, in hac fuit quaestor urbanus. Ex quo debet intellegi talibus praemiis propositis numquam defutura bella civilia. Itaque parietes modo urbis stant et manent, iique ipsi iam extrema scelera metuentes, rem vero publicam penitus amisimus. Atque in has clades incidimus, (redeundum est enim ad propositum), dum metui quam cari esse et diligi malumus. Quae si populo Romano iniuste imperanti accidere potuerunt, quid debent putare singuli? Quod cum perspicuum sit benivolentiae vim esse magnam, metus imbecillam, sequitur ut disseramus, quibus rebus facillime possimus eam, quam volumus, adipisci cum honore et fide caritatem.
 
traduzione
 
29. Non mancheranno mai il germe e il motivo delle guerre civili. finch? gli uomini perversi ricorderanno quell'asta sanguinosa e spereranno in essa. L'aveva vibrata Publio Silla mentre era dittatore un suo parente, e dopo trentasei anni non si ritrasse da un'asta ancor pi? scellerata. Quell'altro Silla, che in quella prima dittatura era stato scrivano, in questa fu questore urbano. Da ci? si pu? comprendere che le guerre civili non mancheranno mai, allorch? si propongono tali premi. Perci? solamente le mura della citt? rimangono in piedi e perdurano, ed esse pure, ormai, col timore di estremi crimini, ma la repubblica l'abbiamo interamente perduta. E se tali mali poterono accadere al popolo romano per un ingiusto esercizio del potere, che cosa devono aspettarsi i singoli cittadini? Pur essendo evidente che la forza della benevolenza sia grande, quella della paura debole, resta da trattare con quali mezzi possiamo conseguire nel modo pi? facile quell'affetto che noi vogliamo, insieme con l'onore e la lealt
 

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